Una recente review di tutti gli articoli pubblicati sugli effetti dello sport a livello della flora batterica intestinale induce a porsi una domanda: qual’è il nesso tra performance e alterazioni del microbioma?
Si sa che l’attività sportiva può dar luogo a effetti positivi (condizionamento cardiovascolare, biogenesi mitocodriale, aumentata sensibilità all’insulina) come pure negativi (aumentato stress ossidativo, disidratazione, immunosoppressione, incremento della permeabilità intestinale, aumento dei mediatori infiammatori) e che questo dipende molto dalle condizioni basali dell’atleta come pure dall’intensità e dalla durata dell’attività svolta.
Un aspetto che molti atleti professionisti (e molti medici sportivi) sottovalutano è l’importanza dell’eubiosi intestinale per il raggiungimento della massima performance atletica. Non dimentichiamo infatti che la produzione di SCFA a opera della flora intestinale è uno dei modi più efficaci che l’organismo conosce per incrementare i propri livelli energetici.
Un’adeguata produzione di SCFA serve anche a diminuire gli effetti delle citochine infiammatorie, a regolare le funzioni dei netrofili e la loro capacità di migrazione, a migliorare le capacità di smaltimento dei radicali ossidativi da parte delle cellule e ad incrementare l’immunità in generale.
Ricordiamocelo! Tutte le volte che vediamo un inspiegabile peggioramento della performance in un atleta, è importante valutare attentamente anche lo stato della sua flora batterica e la sua funzionalità intestinale.