Sconosciuto al grande pubblico, ma ben noto ai microbiologi ospedalieri, Citrobacter koseri è un bacillo gram negativo, non sporiforme, anaerobio facoltativo (ovvero capace di respirazione aerobica), che compare sempre più spesso nelle urinocolture eseguite per la diagnosi di cistiti.
Si tratta di un membro della famiglia delle enterobacteriacee che nell’intestino umano è solitamente inoffensivo ma che può divenire patogeno quando riesce a crescere nelle vie urinarie, nelle vie biliari o, peggio, nella sostanza bianca del Sistema Nervoso Centrale, dove può causare gravi infezioni.
Una fastidiosa caratteristica di C. koseri è quella di crescere all’interno dei macrofagi e inoltre di essere un bacillo che sviluppa facilmente resistenze antibiotiche. Pare però che si tratti di un microrganismo opportunista che per diffondersi sfrutta eventuali disbiosi dell’ospite causate da ripetuti cicli antibiotici. Difficilmente quindi attacca ospiti dotati di buone difese immunitarie.
Quando un’urinocoltura dimostra la presenza di un’elevata carica batterica di C. koseri, è sempre necessario affidarsi ad un antibiogramma, prima di scegliere una terapia. Una cosa che può essere interessante sapere è che questo bacillo è spesso sensibile ai vecchi sulfamidici, quali il cotrimossazolo (il Bactrim, per intenderci). Forse perchè si tratta di farmaci sempre meno utilizzati in medicina interna e alla cui azione molti batteri iniziano a ritornare sensibili.