Negli ultimi dieci anni centinaia di ricercatori di tutto il mondo hanno condotto migliaia di studi per cercare di capire in che modo sia possibile mettere in pratica quanto si sa sul microbioma intestinale al fine di sfruttarne il potenziale terapeutico.
Un recentissimo articolo pubblicato su Protein & Cell fa il punto su questo argomento e giunge ad una conclusione che sicuramente non sorprenderà gli addetti ai lavori, ma che potrà probabilmente deludere molti citizen scientist che ci leggono con regolarità.
Gli autori della review, infatti, sostengono che effettivamente la ricerca sul microbioma fino ad ora ci ha mostrato la punta di un iceberg, la maggior parte del quale, ancora, sfugge alla nostra comprensione e pertanto ci impedisce di tradurre con sicurezza in terapie ciò che abbiamo osservato e verificato dal punto di vista sperimentale.
Questo è vero purtroppo anche per quanto riguarda le indicazioni, l’efficacia e la sicurezza delle terapie pre e probiotiche. E naturalmente anche per ciò che riguarda le indicazioni ai trapianti fecali. Questo significa che non siamo ancora in grado di manipolare con precisione il microbioma e che questo bias ci impedisce di procedere con sicurezza ad utilizzare terapie microbioma-mediate.
Questo non significa che tali terapie non siano fattibili o non siano efficaci, attenzione, significa soltanto che non abbiamo ancora un numero di dati sufficienti a validarle. Ma siamo ogni giorno un po’ più vicini. E procediamo a passi da gigante.