A quanto pare, viviamo in armonia con una enorme quantità di microbi che sono per noi di grande beneficio in quanto ci forniscono importanti input per lo sviluppo immunologico e metabolico dell’organismo (per citarne solo i più importanti).
Tuttavia ancora non siamo in grado di dire se tutti i microbi intestinali siano uguali in questo compito o se questo richieda il lavoro di squadra da parte di quali comunità/consorzi microbici. E questo ci porta anche a chiederci come si possa definire un microbioma intestinale “sano”. Tutte domande che ancora, dopo tanti anni di ricerca, rimangono senza risposta.
O meglio, per quanto ovvia possa sembrare la risposta, ancora questa non è stata trovata (o accettata per consenso generale). Molti studi hanno dimostrato che il microbioma intestinale può essere influenzato da cambiamenti nella dieta, nello stile di vita, negli antibiotici e nell’ambiente che sono comunemente associati alle società industrializzate.
Tuttavia, questi eventi e fattori possono portare a un’inclinazione – o squilibrio – del microbioma intestinale che porta a discrepanze nelle interazioni ospite-microbo e aumento del rischio di malattie, in particolare quelle che si verificano con frequenza allarmante nell’era moderna come il cancro, le malattie metaboliche, disordini immunitari complessi, invecchiamento e fragilità.
In tal caso, come possiamo sfruttare le conoscenze acquisite dagli studi sul microbioma intestinale per sviluppare nuovi approcci terapeutici, non solo per prevenire e curare le malattie, ma per mantenere la salute e la qualità della vita? Fino a quando non saremo in grado di dare risposte concrete a questa semplice domanda, tutta la ricerca fin qui svolta sul microbioma è destinata a rimanere una promessa mancata.