Un recente studio RCT pubblicato dall’European Journal of Nutrition ha evidenziato che la combinazione di inulina e di un estratto di arabinoxilano commercializzato con il nome Naxus dall’azienda olandese BioActor (Maastricht, Paesi Bassi) ha contribuito a ridurre l’apporto calorico in uomini cui veniva offerta nutrizione ad libitum. Naxus è un innovativo glicobiotico che viene pubblicizzato per la sua azione di controllo dei livelli glicemici e di insulina.
Nello studio, a 20 uomini sani venivano somministrati 8 grammi al giorno della miscela di inulina e arabinoxilano o (nel gruppo di controllo) la stessa dose di maltodestrina per 21 giorni. Ogni partecipante doveva assumere sia il Naxus che la maltodestrina per 21 giorni, dopo un periodo di washout della durata di 14 giorni..
L’esito primario che i ricercatori volevano misurare era l’impatto che questa combinazione aveva sulla percezione della sazietà e dell’appetito. Gli esiti secondari erano l’apporto energetico di un pasto ad libitum, la concentrazione fecale di acidi grassi a catena corta (SCFA) e la composizione del microbiota fecale.
Sebbene l’intervento non abbia avuto alcun effetto sulla sazietà e sull’appetito percepiti, la combinazione di inulina ed estratto di arabinoxilano è stata associata a una riduzione dell’apporto energetico in un pasto ad libitum, nonché a un aumento della concentrazione di SCFA e all’aumento della conta cellulare di generi microbici, inclusi Bifidobacteria e Lactobacilli.
Secondo un comunicato stampa di BioActor, non è raro vedere una differenza tra l’appetito dichiarato e l’apporto calorico effettivo. La misura dell’effettiva assunzione di cibo è quindi una misura più oggettiva. Ciò significa che mentre i soggetti non hanno riportato un aumento della sazietà o una diminuzione della fame, i soggetti che consumavano inulina e arabinoxilano hanno effettivamente mangiato meno. L’aumento dell’acetato SCFA, che ha la capacità di influenzare in modo indipendente l’appetito, potrebbe essere una spiegazione del motivo per cui i soggetti hanno mangiato meno calorie, secondo i ricercatori.
Sono ovviamente necessarie ulteriori ricerche per comprendere il meccanismo d’azione del glicobiotico in oggetto e decidere se e come potrebbe essere utile per la gestione del peso.