Buon 2024 a tutti i nostri followers. L’inizio del nuovo anno rappresenta una splendida occasione per riflettere su un argomento che è alla base di molte delle domande che ci vengono poste. Dove siamo arrivati dopo circa dieci anni di lavoro sul microbioma intestinale? Più precisamente: come utilizziamo oggi i dati che emergono da un test del microbioma intestinale?
Iniziamo col dire che se da un lato è vero che la ricerca sul microbioma non ha ancora portato alle miracolose sorprese che si attendevano alla sua scoperta è però vero che, almeno per quanto riguarda il sequenziamento del microbioma intestinale, è oggi possibile utilizzarlo con profitto in un campo ristretto, ma piuttosto specifico; quello delle patologie intestinali subacute o croniche (IBD) e delle patologie funzionali del grosso intestino (IBS).
Più precisamente, dopo quasi un decennio di esperienza nell’applicazione clinica dei dati di ricerca, siamo in grado di dire che un test whole-genome (non necessariamente un 16S) è oggi in grado di guidare la diagnosi e la terapia di diverse patologie del colon-retto (ma non dell’intestino tenue) oltre a verificare l’efficacia della somministrazione della maggior parte dei ceppi probiotici (in pratica a capire se i ceppi somministrati hanno attecchito e in che modo hanno modificato il profilo microbico di partenza).
Questo ci ha permesso di migliorare la prognosi di disturbi come le MICI (malattie infiammatorie croniche intestinali) e le sindromi del colon irritabile, nonchè delle patologie a queste correlate (ad esempio: disturbi dello spettro autistico con patologie intestinali correlate, o altri disturbi mentali con patologie intestinali correlate). E non è poco se consideriamo che ci siamo arrivati in meno di dieci anni. Siamo invece ancora lontani dal successo sperato nella prevenzione di queste, come di molte altre patologie che pure appaiono correlate al microbioma intestinale (quali, ad esempio, le patologie autoimmuni e le malattie metaboliche).
L’aver compiuto decisi passi avanti in materia di terapia, anche se non ancora in materia di prevenzione, pure se in un campo molto limitato della patologia umana, rappresenta comunque un successo e ci fa sentire fieri di essere stati tra i primi in Italia a credere nel potenziale della ricerca sul microbioma umano. E l’incoraggiamento che riceviamo ogni giorno dai nostri pazienti ci stimola a proseguire nel nostro lavoro.