Ecco una storia che dimostra come talora i rubinetti perdono anche a casa dell’idraulico. Avete presente tutti quei servizi terroristici sulla provenienza dei pesci serviti da una miriade di ristoranti (pseudo)giapponesi che si vedono passare sempre più spesso in TV?
Li abbiamo visti tutti, e sicuramente tutti abbiamo pensato che in un paese come l’Italia è pressoché impossibile servire pesce crudo che non sia adeguatamente monitorato dalle nostre autorità sanitarie. Vero, ma è anche vero che il diavolo si annida spesso nei dettagli.
Provate a immaginare di essere a capo di un progetto nazionale sul microbioma intestinale e di scoprire di avere nel vostro intestino un misterioso batterio gigante (dicasi Epulopiscium) che in letteratura è descritto esclusivamente come simbionte dei pesci chirurgo o dell’intestino di cinesi affetti da MICI. E poi magari scoprite che improvvisamente vi si sono quintuplicati i Proteobacteri, e fate caso al fatto che da un po’ di tempo soffrite di strani gonfiori addominali e di misteriosi rash cutanei. Immaginate infine di avere frequentato con una certa regolarità un determinato ristorante etnico gestito da cinesi che serve esclusivamente sushi e sahimi e il gioco è fatto. Non vi verrebbe qualche sospetto? Siate sinceri…
Per carità, non si muore certo di questo tipo di infestazioni, e sicuramente un po’ di rifaximina e di ECN dovrebbero rimettere a posto tutto nel giro di qualche mese, ma immaginate che la stessa cosa accada a qualcuno che magari si trovi già in uno stato disbiotico o, peggio, di infiammazione intestinale. Le cose potrebbero mettersi davvero male. Si tratta di un caso che impone una segnalazione ai NAS, certo, ma che soprattutto ci induce a riflettere sui potenziali rischi del pesce crudo in un mercato globale.