Vi è un articolo che è stato pubblicato quest’estate che a mio parere ha ricevuto poca attenzione da parte della comunità scientifica. Descrive i risultati di uno studio controllato randomizato di intervento che prevedeva la somministrazione di un probiotico (Lactobacillus paracasei F19), o di un prebiotico (mucillagine di semi di lino), a 30 donne obese. L’obiettivo dello studio consisteva nel vedere se (e come) tale somministrazione avrebbe modificato le percentuali relative del microbioma intestinale delle pazienti e se (e come) avrebbe modificato gli indici di rischio della sindrome metabolica da cui tutte erano affette.
Dopo aver somministrato alternativamente un prebiotico o un probiotico per sei settimane, i ricercatori andarono a verificare se e come questi avessero modificato i batteri evidenziabili dai sequenziamenti di microbioma intestinale e i parametri ematochimici caratteristici dell’insulino-resistenza (che è il marker biochimico della sindrome metabolica). I risultati dimostrarono che tutte le donne che avevano assunto la mucillagine di lino (il prebiotico) presentavano una significativa riduzione dei markers infiammatori e dell’insulino-resistenza rispetto a quelle che avevano assunto il probiotico e rispetto al gruppo di controllo.
Inoltre nel gruppo che aveva assunto la mucillagine di lino (il prebiotico) vi era stata anche una modifica relativa del microbioma che aveva coinvolto 33 specie batteriche, ma curiosamente questa modifica non appariva in alcun modo collegabile alle modifiche riscontrate nei parametri ematochimici (anzi, casomai il contrario). Viceversa, anche nel gruppo che aveva assunto il probiotico (Lactobacillus Paracasei F19) vi erano state modifiche nel microbioma intestinale, ma a queste non era seguita alcuna modifica dei parametri infiammatori ed ematochimici dell’insulino-resistenza.
Cosa ci dice questo studio? Innanzitutto ci rammenta che – se soffriamo di una sindrome metabolica – assumere una mucillagine di lino può essere una buona idea, ma non solo. Esso ci dimostra in maniera elegante che non è tanto aggiungendo o togliendo (anche ammesso che fosse facile farlo) batteri dall’intestino che riusciremo modificare le malattie metaboliche. Ma è piuttosto modificando la nostra dieta in senso prebiotico (e favorendo così una spontanea re-distribuzione delle specie batteriche autoctone) che otterremo i maggiori risultati.
Quest’idea che andiamo ripetendo già da un pò, è stata proprio il motore che ci ha ispirato – primi in Italia – ad iniziare a parlare di diagnostica del microbioma applicata alla scienza della nutrizione e ad inaugurare a Padova un servizio specificamente dedicato a questo. Giacché da tempo abbiamo verificato che il nostro intestino è la tavola alla quale si nutrono i batteri e che, a seconda degli alimenti che offriamo loro, favoriremo o sfavoriremo l’ottimizzazione dell’eco-sistema batterico intestinale da cui notoriamente dipende l’equilibrio metabolico del soggetto.