Per la maggior parte del XX secolo, le malattie infiammatorie intestinali sono state osservate principalmente nei Paesi ricchi e occidentalizzati, come quelli del Nord America e dell’Europa. Dagli anni ’90, tuttavia, la prevalenza di queste patologie è aumentata rapidamente anche nei Paesi di recente industrializzazione di Asia, Africa e Sud America.

La teoria prevalente sostiene che la crescente adozione di stili di vita e di diete occidentali in questi Paesi provochi una perdita dello stato di equilibrio microbico favorendo un’infiammazione eccessiva. E fin qui non vi è nulla di nuovo.

Sappiamo infatti che in condizioni di salute, il nostro intestino agisce come una barriera contro gli organismi nocivi mentre il nostro sistema immunitario intestinale è pronto a neutralizzare qualsiasi organismo invasore, impedendogli di danneggiare i nostri tessuti.

Diete poco sane, esposizione all’inquinamento atmosferico, fumo, un’insufficiente quantità di sonno e stili di vita sedentari, possono indebolire la barriera intestinale e contribuire a creare un ambiente immunitario nell’intestino che causa un’infiammazione eccessiva. In alcuni casi, questo stato infiammatorio può dare origine allo sviluppo di malattie infiammatorie intestinali, come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa.

Un fattore che viene raramente considerato è che, oltre allo stile di vita, anche i nostri geni influenzano la facilità con cui l’intestino può passare da uno stato sano ed equilibrato a uno che favorisce l’infiammazione. Un esempio è costituito dalla presenza delle sotto-varianti del gene NOD2 che codifica per una proteina che controlla la sovracrescita batterica.

Un altro fattore è costituito dai polimorfismi del gene PTPN2 che codifica per un enzima che controlla il livello di permeabilità intestinale, un fattore che, in presenza di una sovracrescita batterica, può permettere a microrganismi che non dovrebbero mai lasciare il lume intestinale di infiltrarsi nella parete intestinale fino a raggiungerne il microcircolo.

Questi due geni sono la dimostrazione di come le malattie infiammatorie intestinali non dipendano soltanto dagli agenti microbici ma da fattori di terreno controllati dalla genetica dell’ospite che andrebbero sempre valutati in presenza di una diagnosi di MICI.